1984: la prima Hackers Conference in California. Ecco un video da un passato remoto.
Personaggi noti e meno noti che cercano di digitalizzare un’immagine – proveniente da una telecamera VHS – su un Mac 128K (1 bit per pixel…) e stamparla su una Apple a matrice di punti.
The first Hackers Conference was organized in 1984 in Marin County, California, by Stewart Brand and his associates at Whole Earth and The Point Foundation, it was conceived in response to Steven Levy's book, Hackers: Heroes of the Computer Revolution, which inspired Brand to arrange a meeting between the individuals, or "hackers", the book named.
The first conference's roughly 150 attendees included Steve Wozniak, Ted Nelson, Richard Stallman, John Draper, Richard Greenblatt, Robert Woodhead, and Bob Wallace; the gathering has been identified as instrumental in establishing the libertarian ethos attributed to cyberculture, and was the subject of a PBS documentary, produced by KQED: Hackers - Wizards of the Electronic Age.
E’ un evento davvero importante: la BBC ha appena reso pubblico l’intero archivio del “Computer Literacy Project” che, nell’arco degli anni ’80, ha contribuito in modo significativo alla divulgazione tecnica ed alla alfabetizzazione informatica nel Regno Unito (e non solo).
Una pubblicità del 1983 ha colpito la mia attenzione: nel 1983 questo racconto di una famiglia informatica in cui l’off-time del padre potrebbe corrispondere all’utilizzo del figlio sul nuovo arrivato, il Personal Computer IBM.
In un momento in cui si stavano già affermando gli home computer, questo approccio pubblicitario partiva dall’alto (i genitori, business users) proponendo la solidità del marchio IBM anche per i propri figli in un passaggio di consegne virtuali rappresentato dalla… cravatta (quella che di solito un padre chiede al figlio).
Curioso come di lì a poco, si siano invertiti i ruoli, con stormi di ragazzini armati di Commodore 64 e padri tecno-esclusi 🙂
35 anni fa, IBM stupiva il mondo scendendo nell’arena del personal computing – reinventandolo, in un certo senso con il primo Personal Computer IBM.
Forse il mondo non ne fu tanto stupito, viste le avvisaglie già note negli ambienti più informati, ma di certo l’impatto è stato planetario.
Processore Intel 8088 a 4,77 MHz (architettura 16 bit/8 bit verso l’esterno), fino a 256 Kbyte di RAM – per il primo modello, doppio floppy, slot d’espansione e… PC-DOS (aka MS-DOS): questa la lista delle caratteristiche che ne hanno decretato il successo nel lunghissimo periodo.
Si è conclusa con una partecipazione veramente incredibile e con la soddisfazione di tutti i presenti BitStory 2016, il primo evento sulla storia dell’informatica a Milano.
A nome mio (Stefano Paganini) e di Piero Todorovich, desideriamo ringraziare TUTTI i partecipanti, espositori, relatori e tutte le persone che, sfidando un tempo meteo dei peggiori, hanno passato un Sabato intero con noi alla Ex-Fornace.
Pubblicheremo foto, materiale e video dell’evento (appena rielaborato – è una mole notevole) per documentare tutti gli interventi.
Per ora, mi limito a questa fotografia in cui un inarrestabile Gastone Garziera, accerchiato come una rockstar, dimostra live il funzionamento della Olivetti Programma 101!
All’inizio degli Anni 60 Olivetti era un’azienda modello, affermata a livello italiano e mondiale nei campi delle macchine da scrivere e delle calcolatrici elettromeccaniche. Aveva investito nell’elettronica con risultati importanti, come l’Elea 9000: primo grande calcolatore a transistor prodotto “in serie”. A capo di un piccolo team, Pier Giorgio Perotto immaginava che i tempi fossero maturi per un calcolatore elettronico “da scrivania”, utilizzabile anche da gente comune – contabili, ingegneri, progettisti… – che all’epoca non avrebbero potuto entrare da soli in un centro di calcolo, tanto meno scrivere un programma e ottenere subito i risultati. A partire dal 1963 il team di Perotto, di cui faceva parte Gastone Garziera, metteva insieme le parti costitutive di una macchina originale e rivoluzionaria, chiamata internamente “perottina” oltre che con il nome ufficiale di Programma 101 (P101). Di fatto, la P101 era il primo calcolatore elettronico “da scrivania” per uso personale, che anticipava di almeno 15 anni prerogative dei moderni personal computer, come l’integrazione dell’I/O, la memoria di scambio magnetica, l’ergonomia e il design. Presentata in sordina alla fiera mondiale di New York del 1965, la P101 divenne un’attrazione, grazie alle dimostrazioni di calcolo dell’orbita di un satellite e al gioco Angela Game in cui risultava praticamente imbattibile. Più che dalle prestazioni, i visitatori erano stupidi dal funzionamento interattivo e dalle ridotte dimensioni. La P101 poteva memorizzare sequenze di 120 istruzioni (240 sulle schede magnetiche), registri a 22 cifre decimali e stampava i risultati a 30 caratteri al secondo. Ogni aspetto della macchina era stato progettato o rivisto da zero, nel minimo dettaglio: dal codice di programmazione, al design curato dall’architetto Mario Bellini per non mettere in soggezione tanti nuovi inesperti utilizzatori. Olivetti vendette migliaia di P101 in Europa e negli USA (tra i clienti anche la NASA, impegnata nei primi esperimenti spaziali). Le successive vicissitudini industriali di Olivetti non permisero però di sfruttare appieno il potenziale commerciale del prodotto. Quando finalmente l’azienda di Ivrea decise di investire di più nell’informatica personale, non era più sola a proporre questo genere di sistemi e l’invenzione del processore aveva innescato una nuova importante rivoluzione. Gastone Garziera, membro del team che ha progettato la P101 ripercorrerà le fasi del pionieristico progetto in due distinti interventi il 5 marzo prossimo a Milano, in occasione della mostra convegno BitStory presso la Ex Fornace, Alzaia Naviglio Pavese, 16
Un problema dell’industria hi-tech è sempre stato quello di dare un seguito ai prodotti di maggiore successo, man mano che il tempo li rendeva obsoleti. Questa era la situazione di Commodore all’inizio degli Anni 90, quando a fianco dei più recenti e sofisticati computer C128 e Amiga, gli obsoleti C64 continuavano ad essere acquistati per milioni di pezzi, grazie all’impareggiabile catalogo software. Nei laboratori si cercava di risolvere la difficile equazione tra la necessità d’aggiornamento (l’architettura C64 aveva ormai 7 anni e subiva la pressione dei concorrenti) e la compatibilità, con lo scopo di raccogliere il più possibile l’eredità del C64. Il team di progetto, capeggiato Bill Gardei per l’hardware e Fred Bowen per il software, sviluppo’ nel periodo ’87-’91 un sistema con queste caratteristiche, che migliorava le capacità audio, di calcolo, di memoria, e grafiche investendo su un set di chip, tra cui un processore compatibile, creati appositamente dalla Commodore Semiconductor Group. Il nuovo computer, noto come C65 (o anche C64DX) fu sviluppato fino alla fase di pre-produzione, con la costruzione di alcune decine d’esemplari per gli scopi di test e dimostrazione. Non fu però mai commercializzato per via delle decisioni strategiche che i vertici aziendali presero successivamente. Un raro esemplare funzionante di C65 sarà esposto e dimostrato alla mostra-convegno BitStory il prossimo 5 marzo 2016 presso lo spazio Ex Fornace, Alzaia Naviglio Pavese 16.
Abbiamo appena parlato di IBM 5100, un precursore dei personal computer che, già nel 1975 introduceva numerosi elementi sia hardware che software poi ripresi dal PC IBM 5150 – nel 1982.
Monitor integrato con l’unità centrale, unità a nastro per lo storage: un vero campione di compattezza per l’epoca anche se, per vari motivi, non particolarmente fortunato nel proprio ciclo vitale e non coronato da successo commerciale.
La “seconda vita” di IBM 5100 deriva tuttavia da John Titor di cui ha scritto Piero nel post precedente.
Torniamo a parlarne per proporre uno spezzone di Voyager dove l’inossidabile Giacobbo presenta la storia di Titor con la consueta enfasi.
Poche bufale sono state costruite così bene… buona visione e buon divertimento!
Un IBM 5100 (insieme a molti altri computer e persone interessanti) sarà visibile a tutti (anche a John Titor, se dovesse passare di lì) presso BitStory ’16, Sabato 5 Marzo 2016 a Milano.
Tra tante storie vere, capita talvolta che i computer siano protagonisti anche di leggende e storie false. Un falso tra i più suggestivi riguarda un computer compatto degli Anni 70, modello IBM 5100, reputato da molti essere precursore dei moderni pc, oltre che dei computer desktop e trasportabili.
La storia, nata in rete, narra di un soldato di nome John Titor, proveniente dal 2036 – un’epoca che ha scoperto il segreto dei viaggi nel tempo –, mandato a recuperare nel 1975 un esemplare di IBM 5100. Il motivo di questa ricerca è salvare il mondo del futuro – molto più dipendente del nostro dalle tecnologie – dalla terribile minaccia rappresentata dalla messa fuori servizio dei sistemi basati su Unix e derivati. Un bug noto vuole infatti che il 19 gennaio del 2038 si verifichi la condizione di overflow della variabile a 32 bit usata per il conteggio del tempo.
La presunta missione di Titor è quindi quella di recuperare la prima macchina da cui hanno avuto origine i moderni computer e i software in uso e usarla come chiave per interpretare i linguaggi e il codice per risolvere il dannoso bug. John Titor non è mai esistito se non come pseudonimo di ignoti nei post su alcuni forum pubblici e l’IBM 5100 non è destinato a salvare nessuno nel futuro. Di certo resta una macchina molto interessante a testimonianza dell’evoluzione dei computer. Un esemplare funzionante di IBM 5100 sarà esposto alla mostra-convegno BitStory il prossimo 5 marzo 2016 presso lo spazio Ex Fornace, Alzaia Naviglio Pavese 16.
L’iPhone non c’era ancora. Due ragazzi geniali dal carattere molto diverso, Steve Jobs e Steve Wozniak, si erano trovati insieme quasi per caso per fare qualche soldo tra gli studenti con un apparecchio elettronico creato da Woz che permetteva di telefonare gratis dalle cabine telefoniche pubbliche, in barba alle deboli protezioni della rete dell’allora monopolista AT&T. Un esordio antagonista per la seconda (legale) creazione della coppia: un computer a basso costo alla portata dei giovani entusiasti che si ritrovavano a discutere di computer – senza poter avere uno – presso l’Homebrew Computer Club.
Era l’Apple 1: poco più di una scheda elettronica con integrate le funzionalità fondamentali di un personal computer: unità centrale, input da tastiera, visualizzazione su monitor. Un modello sviluppato in forma più matura, un anno dopo, con l’Apple II: computer che tra alterne vicende per gli stessi fondatori ha dato l’avvio di una delle più grandi multinazionali del settore hi-tech. Apple 1 è stato prodotto in circa 200 esemplari prima d’essere rimpiazzato con il modello successivo. I pochi esemplari rimasti hanno raggiunto quotazioni d’asta vicine al milione di euro, e sono oggetto di riproduzione da parte di gruppi di appassionati. Una replica fedele e funzionante dell’Apple 1 sarà visibile alla mostra-convegno BitStory il prossimo 5 marzo 2016 presso lo spazio Ex Fornace, Alzaia Naviglio Pavese 16.
Informatica, storia e storie.
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